Il teatro ha il valore e l’obbligo morale di rendere onore alle vittime, e gli attori sono strumenti per dare voce a chi non può più parlare…[1] è la frase di apertura dell’intervento dell’attrice Roberta Biagiarelli, fondatrice della compagnia BABELIA & C., nel volume Jugoschegge di T. Bugari e G. Scattolini (Infinito edizioni).
Fin dalle sue prime esperienze teatrali, Roberta scelse la strada dell’“orazione civile” che, come spiega nel saggio, si diffuse in Italia soprattutto dalla metà degli anni ’90; una proposta alternativa alle grandi produzioni e spesso più vicina alla realtà: un teatro che guarda ad argomenti storici e all’attualità. L’attore, scrive Roberta, si fa “cantastorie moderno” che usa gli strumenti del narrare antico, messaggero che spesso, nei suoi spettacoli, denuncia violenze, soprusi e ingiustizie della contemporaneità.
La vocazione all’orazione civile l’ha portata nel cuore del dramma della guerra in Bosnia, sentendo forte l’esigenza di raccontare e ricordare il genocidio di Srebrenica, da cui è nato, alla fine degli anni ‘90, il monologo A come Srebrenica, che ha avuto più di 400 repliche in questi anni. Tanto semplice è la sua scenografia (una sedia, un tappeto), quanto forte la sua testimonianza, portata anche in Souvenir Srebrenica, un progetto di documentario-teatro, realizzato insieme a Luca Rosini nel 2006, che parte dal monologo teatrale, ne ripropone alcune parti e le unisce a importanti documenti, filmati d’archivio e interviste alla gente del luogo.
Il filo con la terra bosniaca non si spezza con l’esperienza di Souvenir Srebrenica. Una volta conosciuta, la Bosnia, ti entra dentro ed è difficile staccarsene completamente, soprattutto per un’artista che sente continuo il bisogno di testimoniare con la propria arte.
Così Roberta Biagiarelli ci propone un nuovo spettacolo-racconto da quella terra. Il tempo della festa. Racconti balcanici e musica klezmer nasce da una serie di conversazioni con abitanti della Bosnia Erzegovina, raccolte tra il 2007 e il 2008, sui momenti di festa: le festività religiose, quelle civili e statali, i momenti di riunione familiare, tutte accomunate da una tradizione condivisa e scomparsa: la memoria jugoslava.
Dopo l’esperienza di Souvenir Srebrenica, grazie anche all’incontro con Elvira Mujcić, originaria di questa città e autrice di Al di là del caos, cosa rimane dopo Srebrenica, (Infinito Edizioni), Roberta ha composto il suo spettacolo con i racconti dei diversi momenti di festeggiamento e riunione, della Bosnia jugoslava e di oggi.
Nella messa in scena al teatro San Marco di Trento, la forza dello spettacolo è affidato a strumenti semplici e potenti: la voce narrante e la musica, senza la necessità e la presenza di impianti scenici vistosi. L’attrice con il suo racconto è al centro del palcoscenico, circondata dai membri della Maxmaber Orkestar, che accompagnano la narrazione, proponendo canzoni popolari e brani del loro repertorio bosniaco-balcanico. Il racconto di Roberta ci porta per le strade della capitale bosniaca, nei cortili delle case e negli androni dei palazzi: inizia con i ricordi d’infanzia del Primo Maggio e della Pasqua, i mille modi di colorare le uova. Durante il Bajram musulmano le case bosniache venivano pulite a fondo, anche i cortili venivano lustrati sotto lo sguardo onnipresente di Allah. Prima della guerra, nei grandi condomini multietnici jugoslavi, tra le famiglie nate da matrimoni misti, si festeggiava tutto insieme, come ricorda Kanita: il Bajram musulmano, la Pasqua ortodossa, il Natale cattolico, il dernek come la festa del pilav. Con ironia e intensità, Roberta interpreta poi il racconto della preparazione al matrimonio di una giovane albanese, costretta a trascorrere l’intera giornata nello stretto vestito tramandato di generazione in generazione. Il 25 maggio, “dan mladosti”- il giorno della gioventù, viene ricordato per l’emozione della partecipazione alla staffetta in occasione del compleanno di Tito, che coinvolgeva giovani provenienti da tutta la Jugoslavia fino a Belgrado, per le celebrazioni della festa nazionale. In alcuni momenti il racconto rallenta e la voce si commuove, ricordando il ponte di Mostar e citando la testimonianza di una viaggiatrice su uno degli ultimi treni che collegava Sarajevo a Belgrado, un viaggio immerso nel terrore e nell’incredulità alle prime avvisaglie di una guerra che interruppe poi definitivamente la tratta ferroviaria.
I colori, i cibi, gli abiti, i luoghi e i profumi… Sono i particolari a creare l’atmosfera gioiosa dello spettacolo, grazie anche agli interventi musicali della Maxmaber Orkestar, formazione italo-croata-bosniaca nata a Trieste. Sax soprano, voce, fisarmonica, tromba, chitarra, baglama, batteria sul palco propongono musica klezmer, canzoni popolari e ritmi balcanici, il sottofondo delle feste raccontate dalla voce narrante.
Lo spettacolo è stato presentato all’interno della rassegna Balkan Pills – Pillole dai Balcani, un ciclo di incontri organizzato grazie al sostegno della Provincia autonoma di Trento, dell’associazione Trentino con i Balcani e di Viaggiare Balcani.