Roberta Biagiarelli, attrice e fondatrice della compagnia Babelia, ha messo in scena a Trento uno dei suoi nuovi spettacoli Il tempo della festa insieme alla Maxmaber Orkestar. Alla fine degli anni ‘90, Roberta ha cominciato ad interessarsi alla Bosnia, con il monologo A come Srebrenica, portato anche nel documentario Souvenir Srebrenica di Luca Rosini. Da quell’esperienza il legame con la terra bosniaca e la sua storia non è si è più spezzato. Il tempo della festa è uno spettacolo che porta in scena ricordi dei momenti di aggregazione comuni nella Bosnia jugoslava, prima del conflitto. I racconti, fatti rivivere attraverso la voce e la presenza scenica di Roberta, sono accompagnati dai canti tradizionali e dalle musiche popolari della Maxmaber Orkestar, formazione italo-balcanica, in un’atmosfera coinvolgente.
Attualmente Roberta è impegnata nella promozione del suo documentario La Transumanza della pace, un road-movie italo-bosniaco, che presenta il progetto di solidarietà realizzato insieme a Gianni Rigoni Stern. Le protagoniste sono 48 manze donate e trasportate dall’Italia alla Bosnia, dall’Altopiano di Asiago a quello della Sučeska, nella municipalità di Srebrenica, grazie al sostegno della Provincia Autonoma di Trento.
Silvia Badon (SB): Com’è iniziata la raccolta di racconti di Il tempo della festa?
Roberta Biagiarelli (RB): L’occasione è nata tra il 2007 e il 2008, data dal direttore della Cooperazione italiana in Bosnia, Aldo Sicignano, che avevo conosciuto ad una proiezione a Sarajevo di Souvenir Srebrenica. Stava partendo un progetto della Cooperazione a Srebrenica, che prevedeva la realizzazione di una pubblicazione interna. Gli proposi il progetto “Partire dalle memorie” che consisteva nella raccolta di interviste a diversi esponenti delle comunità in Bosnia. Ho compiuto così tre lunghi viaggi, durante i quali sono entrata in contatto con le diverse comunità presenti sul territorio per farmi raccontare come si svolgevano i tempi di festa prima della guerra. Le interviste sono state tutte sbobinate e tradotte da Elvira Mujčić. Da questa esperienza è nato un dossier che spero riusciremo a pubblicare in futuro.
SB: A proposito di Elvira Mujčić, autrice di numerosi romanzi e saggi sulla Bosnia, nella scheda di presentazione dello spettacolo, hai scritto che il vostro incontro “è stata una felice coincidenza”…
RB: Dapprima ho conosciuto sua madre, Nadja. Dopo la replica di un mio spettacolo la signora è entrata nel camerino e, con le lacrime agli occhi, mi ha raccontato la sua storia, di come fosse scappata da Srebrenica con le figlie e fosse arrivata in Italia dopo peregrinazioni. Nadja mi ha poi presentato sua figlia Elvira che lavorava a Roma e che mi fece vedere la bozza del suo primo libro. L’ho messa in contatto con Luca Leone di Infinito Edizioni, che continua ancora oggi a pubblicare le sue opere. Quando ho cominciato a raccogliere le interviste per Il tempo della festa, Elvira stava lavorando al suo secondo romanzo E se Fuad avesse avuto la dinamite?, mi ha accompagnato in un viaggio in Bosnia però poi ha collaborato alle traduzioni dei racconti.
SB: Nello spettacolo la musica ha un ruolo importante. Com’è nata la collaborazione con la Maxmaber Orkestar?
RB: Ho conosciuto i musicisti della Maxmaber nel 2007 ad un compleanno di Paolo Rumiz, dove suonavano. Quando finii di raccogliere tutti i racconti, li ricontattai per mettere in piedi insieme lo spettacolo. Il loro repertorio è quello della musica popolare, klezmer e balcanica. Nello spettacolo sono proposti alcuni brani tradizionali e altri sono stati composti appositamente per la messa in scena. La prima di Il tempo della festa si svolse il 28 agosto del 2008, a Srebrenica, presso il centro teatrale, con sottotitoli in bosniaco. La rappresentazione era stata inserita nel programma della Fondazione Alexander Langer, che in quei giorni festeggiava la Seconda Settimana Internazionale Cooperation for Memory. C’era un pubblico misto quella sera che venne a riascoltare i propri racconti, le donne erano vestite e truccate come per una grande festa. L’appuntamento aveva un enorme valore simbolico perché, per la prima volta dopo la fine del conflitto, la gente poteva tornare nel teatro cittadino. In seguito ci fu una replica a Bolzano e la data di Trento. Non sono ancora previste repliche future.
SB: A tuo parere, cosa è sopravvissuto oggi di quei momenti di aggregazione?
RB: Con i numerosi problemi attuali del paese, purtroppo è rimasto poco di quelle atmosfere. C’è una grande malinconia, una “junostalgia” fortissima, per questo enorme patrimonio comune che rischia di andare disperso. Nonostante tutto però, pur con enormi ferite aperte, è sopravvissuto uno spirito, erede di secoli, che la guerra non è riuscita a distruggere. Si percepisce qualcosa nell’aria che fa sperare che quello spirito possa ridiffondersi.
SB: Quali sono i tuoi progetti futuri?
RB: Ci sono tanti progetti in cantiere… Il 5 giugno è stato proiettato il documentario La transumanza della pace al festival Cinemabiente di Torino. Per Babelia, in collaborazione con altre compagnie, sto lavorando ad alcuni progetti teatrali riguardanti Checov e Verdi, ma mi piacerebbe molto lavorare su un futuro spettacolo ispirato alla “jugonostalgia”, sulla base di tutto il materiale raccolto durante le ricerche per Il tempo della festa. Inoltre sto organizzando una “Carovana Balcanica” che, da fine settembre a fine dicembre, porterà in diverse città italiane eventi culturali, spettacoli, convegni, concerti e occasioni formative. La Carovana partirà da Milano e successivamente le tappe previste sono Ancona, Torino, Brescia e Bologna, attualmente stiamo ancora aspettando le conferme da parte delle istituzioni coinvolte.