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L’improvvisazione non si improvvisa

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Intervista a Daniele Ferrari (di Lorenza Pravato) La recitazione è un’arte: da un interesse e una certa predisposizione personale si giunge, attraverso uno studio dapprima generico e poi più approfondito di questa o quella tecnica e con la preparazione minuziosa della pièce, alla performance – per l’appunto – artistica, che è la rappresentazione di un testo. In questo senso, l’attore è simile al pittore, al quale lo studio delle Belle Arti e la realizzazione di studi e bozzetti consentono, alfine, di realizzare un quadro per un’esposizione; o al musicista, che, dopo anni di studio e molte prove, si esibisce in concerto.

L’improvvisazione teatrale è uno sport.
L’ho sospettato quando ho scoperto che si tengono addirittura dei match di questa disciplina; l’ho capito con certezza frequentando il seminario di improvvisazione teatrale che Daniele Ferrari – un nazionale di questo “sport” – ha tenuto. Come l’atleta, infatti, l’attore di improvvisazione non si cimenta sul palco per caso (non ci si improvvisa improvvisatori – ecco, lo abbiamo detto), ma si sottopone a un allenamento, grazie al quale affina la sua tecnica e acquisisce crescente disinvoltura nell’attuarla, come un calciatore che impara il dribbling e lo esegue con sempre maggior destrezza quando se ne presenta la necessità.

Mentre l’esercitarsi in scale e solfeggi è molto diverso, in termini di divertimento e soddisfazione personale, dall’eseguire un brano, poi, l’improvvisazione teatrale, come il gesto atletico, si mette subito in pratica, anche se a un livello modesto, e diverte subito: due magliette per terra e una lattina vuota sono già calcio, e pazienza se per diventare Pirlo bisognerà correre intorno ai birilli cinque volte alla settimana; “e pazienza” anche se non diventeremo mai Pirlo, perché cercare di mandare con i piedi la lattina fra le due magliette è divertente lo stesso.

Dello sport, l’improvvisazione teatrale ha anche il tratto della spettacolarità dello svolgimento e dell’incertezza dell’esito.
L’attore – e, in genere, anche lo spettatore – di rappresentazione tradizionale sa a priori che cosa accadrà. È formato per far fronte all’imprevisto e sarebbe in grado di improvvisare piccole parti di spettacolo se la necessità lo richiedesse, ma l’evoluzione della storia in cui è coinvolto è predeterminata, e il suo scopo è far sì che tale evoluzione si verifichi davanti allo spettatore, distaccandosi il meno possibile dal testo originale e/o dall’adattamento voluto dal regista.
Lo spettatore, dal canto suo, si reca a teatro per assistere a una rappresentazione (di solito, a una storia), così come vi si reca per ascoltare una sinfonia: è il contenuto a costituire l’elemento di interesse e il mezzo attraverso cui esso viene veicolato – sia esso l’attore o il musicista – passa spesso in secondo piano, a meno che, naturalmente non sia straordinariamente bravo o nettamente incapace.

L’attore che inizia un’improvvisazione non sa quale sarà l’esito, non sa dove le interazioni con compagni e avversari condurranno la storia, né in che modo. Tantomeno lo sa lo spettatore, che osserva divertito e curioso di scoprire tanto il “come andrà a finire” quanto il “con che modalità” ci si finirà.

Daniele Ferrari impegnato in un'improvvisazione teatrale

Daniele Ferrari sta per tornare a Trieste per tenere un altro seminario. Gli chiedo di aiutarmi a spiegare questa forma di spettacolo così inusuale.

Lorenza Pravato (LP): Ciao, Daniele. Per favore, per prima cosa ti chiedo di presentarti ai lettori di FucineMute: l’improvvisazione teatrale è un argomento del tutto nuovo per le nostre pagine. Che cosa fai nella vita e come ci sei arrivato?

Daniele Ferrari (DF): Mi chiamo Daniele, sono nato a Reggio Emilia circa 49 anni fa e sono un attore-improvvisatore da più di tre lustri, e lo faccio come lavoro. Sono un giocattore di match d’improvvisazione teatrale e faccio parte della Nazionale Italiana, con la quale ho disputato tre mondiali, dal 2002.
Sono fondatore, assieme ad altri attori, di una scuola che promuove e insegna l’arte dell’improvvisazione teatrale a Reggio Emilia, Modena e Parma, si chiama Improgramelot.
Ho iniziato per divertimento e curiosità, partecipando a un workshop di due giorni, ed è stato amore a prima vista! Da quel giorno il mio unico obiettivo è stato quello di diventare un improvvisatore professionista.

LP: Che cos’ha di diverso (in più?) un improvvisatore rispetto a un attore “normale”?

DF: Be’… ci sono varie cose che ci differenziano dagli attori “tradizionali”, ma metterei sicuramente al primo posto la capacità di reagire istantaneamente a situazioni non previste, di trasformare un errore in una grande opportunità. Un improvvisatore deve perdere il controllo, lasciarsi andare e seguire gli altri, deve “sapere ascoltare” in senso lato… Poi la fantasia, la creatività, il pensiero laterale e tanti altri  “strumenti” e tecniche che possono risultare utili anche nella vita di tutti i giorni.
La prima regola per un improvvisatore è dire “sì”, accettare la proposta dell’altro e su questa costruire una storia.
Siamo senza rete, senza sicurezze e dobbiamo fare tutto, personaggi, animali, rumori e persino gli oggetti! Perché non abbiamo né costumi, né testo, né scenografia.

LP: Lo spettacolo di improvvisazione teatrale è strutturato sotto forma di match. Che regole ci sono? In base a cosa si stabilisce quale squadra ha improvvisato meglio?

DF: È una vera e propria “partita” di hockey su ghiaccio, con tanto di arbitro e patinoire, la balaustra della pista.
L’arbitro è la figura registica dello spettacolo, ha il compito di preparare i temi per le due squadre e di tener sotto controllo il gioco, e per far questo può comminare una serie di falli teatrali che vanno dal “fuori tema” alla “confusione”, dalla “procedura illegale” alla “rudezza eccessiva”… proprio come nello sport.
Ogni spettacolo, poi, è suddiviso in due tempi, e alla fine di ogni improvvisazione – che può durare dai trenta secondi ai quindici o venti minuti – il pubblico manifesta il proprio consenso per una squadra o per l’altra tramite un cartoncino che ha a disposizione; la scelta del pubblico avviene in base al gusto personale, in modo assolutamente libero.
Inoltre, viene consegnata al pubblico anche una ciabatta, che si può lanciare in scena se qualcosa non piace: una brutta improvvisazione, una battuta fuori luogo o per qualsiasi altro motivo… il regolamento è spiegato nel dettaglio sul sito “matchdimprovvisazioneteatrale.it
Io e altri miei compagni d’avventura abbiamo creato un format nuovo che sta piacendo molto al pubblico, Mefisto, andato in onda in TV di recente [visibile anche quindr].

Daniele Ferrari arbitro di un'improvvisazione teatrale

LP: Prima hai accennato al tuo desiderio di diventare un “improvvisatore professionista” e dell’impegno per raggiungere questo obiettivo. Come ci sei riuscito? A dirlo sembra paradossale, ma per improvvisare bisogna essere preparati… tu che preparazione hai svolto, quali sono gli “allenamenti” a cui un attore si sottopone per diventare improvvisatore?

DF: Tanta determinazione e passione! L’improvvisazione non si improvvisa, ma è un esercizio continuo.
Agli inizi sembra impossibile, spesso il pubblico dubita che i nostri spettacoli siano improvvisati, ma invece è proprio cosi, si improvvisa dall’inizio alla fine, e ti garantisco che è un grande divertimento.
Poi, per andare avanti e diventare professionista devi conoscere più argomenti e materie possibili. Si spazia dai cartoni animati giapponesi a Bertold Brecht, passando per Quentin Tarantino… quindi, per dirla in una breve frase, ci vuole tanta conoscenza!

LP: Hai anche fatto un riferimento garbato alla scuola che hai fondato, ma non è la sola attività didattica che svolgi, giusto? Fatti pubblicità, dicci quali altri corsi tieni e dove, e dove i nostri lettori possano trovare un calendario degli appuntamenti, se c’è.

DF: Nella nostra scuola si tengono corsi biennali d’improvvisazione legati profondamente al Match ma, per fortuna, non si vive di soli match, sia dal punto di vista formativo sia da quello degli spettacoli.
A livello di formazione, lavoro con alcune compagnie di teatro “classico” e tengo corsi anche in aziende perché, come ti dicevo, l’improvvisazione è molto utile anche nel quotidiano: si lavora per creare un gruppo, per stimolare le abilità di problem solving, per sviluppare la capacità di dare e ottenere fiducia e tanto altro.
Collaboro con l’AUSL di Reggio Emilia dal 2003, affiancando tecnici per la formazione di personale ospedaliero.
Personalmente, tengo anche seminari al di fuori dell’Emilia-Romagna, sia per attori professionisti che per dilettanti, ad esempio tornerò proprio a Trieste a fine febbraio con un seminario adatto anche a chi non ha competenze nella recitazione.
Per quanto riguarda gli appuntamenti, sul nostro sito www.improg.it c’è un calendario costantemente aggiornato per tipo di attività, e abbiamo anche la pagina Facebook “Improgramelot”.

Clicca qui per vedere il video incorporato.


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