Prendete una panchina in un parco, non proprio un parco qualsiasi, quello di Plaza San Martín a Buenos Aires dove gli jacaranda in fiore fanno apprezzare il colore viola anche a chi lo crede portatore di sfortuna; prendete un noto scrittore, rimasto quasi cieco, dal carattere talmente anticonvenzionale da convincere chiunque, anche un bancario maniaco del lavoro, a intrattenersi con lui per fargli confidenze piuttosto intime, e otterrete uno splendido esempio di teatro di parola in grado di funzionare come un meccanismo perfetto per centodieci minuti filati.
Cita a ciegas di Mario Diament, allestita al Teatro Rossetti di Trieste e portata per la prima volta in Italia da Andrée Ruth Shammah, ha una struttura circolare che prevede cambi di scena ridotti al minimo – la panchina al parco, lo studio della psicologa e poi di nuovo la panchina – e, grazie a un ottimo utilizzo delle luci, giochi di ombre che permettono di mettere in risalto lo scorrere del tempo. La trama si dipana in una serie di conversazioni tra i personaggi – lo scrittore con il bancario, lo scrittore con la scultrice, la psicologa con la madre della scultrice, la psicologa con il bancario e lo scrittore con la madre della scultrice – che finiscono per creare un incrocio di destini legati da incontri fortuiti, amori mancati, tradimenti cercati, vite sprecate, sogni irrealizzati e rapporti riallacciati. A fare da filo conduttore è lo scrittore che, con la sua cecità fisica ma non mentale, si trova suo malgrado coinvolto in un gioco pericoloso, tra persone non pienamente consapevoli delle loro azioni, destinato a trasformasi in tragedia.
Considerata l’ambientazione e le caratteristiche del personaggio principale, è inevitabile paragonarlo a un Jorge Luis Borges contemporaneo che, nell’epoca dello stalking, cerca di sondare l’animo umano e di spiegarci “la verità, vi prego, sull’amore”. E in effetti, al di là delle conversazioni, quelle a cui assistiamo sono storie d’amore che assumono diverse sfaccettature. C’è l’amore idealizzato per una donna vista di sfuggita una manciata di secondi; l’amore ossessivo per una donna più giovane sulla quale si proietta un’impossibile rinascita; l’amore di seconda mano, che ingabbia, quando ormai si è persa ogni speranza di trovare quello vero; l’amore che vive solo di doveri e responsabilità e finisce per annullare ogni sentimento; l’amore a prima vista che, forse, prima o poi, dopo tante vicissitudini, trova davvero la sua strada.
Chi pensa, trattandosi di teatro di parola, di trovarsi di fronte un testo pesante, noioso e infarcito di citazioni letterarie, vedrà smentite le sue ipotesi; la pièce presenta una notevole scorrevolezza – anche grazie al buon lavoro di traduzione e adattamento della stessa Shammah – ed è impossibile, in certi passaggi, non lasciarsi andare al sorriso, se non addirittura alla risata, visto che l’autore ha disseminato i dialoghi di umorismo colto, inserendo elementi paradossali anche in contesti ad alta drammaticità (vedesi il bancario che si prepara all’ultimo incontro con l’amante indossando baffi e parrucca).
La regia non calca troppo la mano, mantenendo un giusto equilibrio tra i cinque personaggi in scena pur dando maggiore risalto allo scrittore, e alla sua aria a volte fintamente ingenua, e alla figura del bancario, uomo dall’apparenza mite ma in realtà incapace di controllare i propri istinti.
Gioele Dix, nel ruolo principale, parla della coesistenza di più mondi, in cui il destino di ognuno prende una strada diversa da quella della realtà conosciuta, con una semplicità e una pace interiore che rendono piacevole il personaggio infondendogli autenticità.
Elia Schilton, nella parte del bancario, traccia un ritratto efficace di un uomo vittima della routine e delle inevitabili responsabilità che purtroppo fatica a cogliere il vero significato della vita, e anziché cercarlo in se stesso finisce per collegarlo, inesorabilmente, alla presenza di qualcun altro in grado di farlo sentire vivo.
Tra le attrici spicca Valentina Bartolo, che porta sul palco tutta la disillusione, e anche l’incosciente impulsività, di una giovane vittima di un amore sbagliato e di una madre poco presente che cerca disperatamente di trovare un affetto e un’accettazione di sé nonostante le avversità della vita.
Un testo per gli amanti della letteratura, del teatro e dell’amore, in tutta la sua imprevedibilità.