In un periodo di crisi come questo, in cui la cultura, e non solo, deve fare i salti mortali per sopravvivere, mantenere la testa alta e offrire uno spettacolo di qualità non è cosa scontata. Il Teatro Stabile Sloveno di Trieste ha saputo dimostrare che fare cultura, anche con pochi mezzi, si può.
La nuova produzione, Ma non andare in giro tutta nuda! di Georges Feydeau, in scena fino al 3 febbraio, si distingue per bravura degli interpreti e per estrema cura dei dettagli.
Allestito in tempi rapidissimi, in sostituzione di uno spettacolo annullato per mancanza di fondi, l’atto unico del commediografo francese ci addentra nei meandri del rapporto di coppia. Ventroux è un deputato che sogna di dare un’accelerazione alla propria carriera scendendo a patti con chiunque possa favorirlo; Clarisse, la moglie, non prova il benché minimo interesse per l’attività del marito, e anzi, rimane sorda alle rimostranze di lui sul suo modo di vestirsi, o per meglio dire, di non vestirsi, visto che si trova a suo agio solo in vestaglia ultra trasparente stile “vedo non vedo”.
I loro problemi coniugali sarebbero destinati a rimanere confinati tra le mura domestiche, non fosse che, a causa della sua posizione politica, il deputato è costretto a ricevere in casa degli ospiti. Tra questi, l’avversario Hochepaix (nella versione slovena Bocheperdaix), attuale sindaco di Moussillon-les-Indrets, che pensa bene di recarsi da Ventroux per chiedergli, anzi per pretendere, che l’espresso per Parigi si fermi anche nel suo comune. “Era già successo altre due volte in passato”, ci tiene a sottolineare con orgoglio Bocheperdaix, “la prima per un sabotaggio, la seconda per un deragliamento”. Del resto, il problema non si pone, se il deputato non è d’accordo basta allungargli una bustarella. Tutto filerebbe liscio se, appunto, non fosse per Clarisse. Il suo continuo entrare e uscire in deshabillé mette in imbarazzo il marito, e fa andare in visibilio Bocheperdaix, che stenta a restare impassibile alla vista di una bella donna. Come se non bastasse, durante la conversazione, la giovane viene persino punta da una vespa, con conseguente tentativo di farsi togliere il pungiglione dalla natica colpita. Inutile dire che il marito perderà totalmente il controllo della situazione fino all’esilarante finale.
Terza di una serie di cinque farse coniugali che Georges Feydeau compose tra il 1908 e il 1916 – le altre sono: La suocera buonanima, Purghiamo il bimbo, Léonie è in anticipo e Hortense ha detto: “Me ne frego!” – Ma non andare in giro tutta nuda! non ricalca più la tipica struttura del vaudeville che contraddistingueva le opere di Feydeau del primo periodo. Qui, l’obiettivo dell’autore è focalizzarsi completamente sull’ambiente domestico, e sulla perenne incomunicabilità che caratterizza le giovani coppie borghesi. Ventroux è un arrivista che pensa solo alla sua carriera ed è totalmente incapace di tenere a freno la moglie; Clarisse si preoccupa delle proprie esigenze, ragiona in modo illogico e non vede come il suo atteggiamento possa danneggiare il marito. Sono come due satelliti che girano attorno a due pianeti diversi. Sullo sfondo di una simile situazione, l’autore francese dipinge una società priva di ideali, dove la corruzione dilaga e l’ignoranza è l’unico fattore indispensabile per potersi occupare degli Affari di Stato.
La compagnia del Teatro Stabile Sloveno dimostra di aver colto pienamente il profondo messaggio che Feydeau voleva comunicare. Tjaša Hrovat riesce a trasmettere al personaggio di Clarisse quel fascino piccante, e allo stesso tempo inconsapevole, che a suo tempo contraddistingueva anche Armande Cassive, l’attrice tanto amata da Feydeau. Primož Forte, nel ruolo di Ventroux, ha negli occhi quel guizzo tipico dell’uomo ambizioso esasperato da una donna che non lo comprende; Luka Cimprič è un Bocheperdaix perfettamente a suo agio nella parte del politico che conosce tutti i trucchetti per ottenere ciò che vuole; Vladimir Jurc e Romeo Grebenšek, che interpretano rispettivamente il giornalista di Le Figaro Romain de Jaival e il domestico Victor, sono la prova vivente che i ruoli secondari, a cui Feydeau attribuiva un’importanza estrema, sono il fiore all’occhiello di una pièce ben riuscita.
Una menzione speciale la merita la scenografia, precisa in ogni minimo dettaglio e non invadente, che con quel logo della Apple sul computer, sostituito da una pera morsicata che ricorda le natiche di una donna, dimostra come si possa fare ironia anche nelle piccole cose.
Il regista Alen Jelen ha saputo allestire un ottimo spettacolo che merita senza dubbio di essere visto.