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Ricomincio da RaiTre: come dimostrare che il teatro esiste ancora

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Marco PaoliniÈ andata in onda ieri sera, su Rai3, la prima delle quattro puntate di Ricomincio da RaiTre, format televisivo pensato per riportare all’attenzione del pubblico l’importanza dello spettacolo dal vivo, in questo periodo in cui l’attività del settore è bloccata, e anche le doti e il talento di chi ne ha fatto un mestiere di vita.

Strutturato come una sequenza di interventi musicali, frammenti teatrali, monologhi, spezzoni video e riflessioni, lo spettacolo vede nel ruolo di presentatori lo scrittore e drammaturgo Stefano Massini e Andrea Delogu, definita dal collega “attrice” anche se, considerata la sua partecipazione a due soli film e a una pièce teatrale, l’appellativo risulta un po’ azzardato e prematuro. Il palcoscenico del Teatro Sistina di Roma, con una platea composta da un numero limitato di giovani dell’accademia del teatro – a sottolineare che la futura generazione c’è e continua a manifestare interesse per una professione spesso considerata inutile dalle alte sfere – ha visto così alternarsi sulle sue tavole una serie di artisti, alcuni già noti al pubblico televisivo, altri appartenenti all’ambiente prettamente teatrale, che hanno accettato di prendere parte a quella che vuole essere una celebrazione di quest’arte in tutte le sue forme e stili.

Stefano Massini, coadiuvato da Paolo Jannacci alle musiche, ha dato vita a un iniziale gioco di parole, in stile Stefano Bartezzaghi, tutto incentrato sull’acronimo DPCM e sui molteplici significati che le quattro lettere possono assumere, per poi prendere parte, nel corso della serata, a uno scambio di battute sul negazionismo e i negazionisti con Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu, e a un’esibizione a tre, con Francesco Montanari e Vinicio Marchioni, in cui si inneggia ai luoghi comuni riferiti al teatro e non (“il teatro è una nicchia, è roba da gay, ci vanno solo gli abbonati; sono sempre i migliori che se ne vanno; il treno è il mezzo più sicuro”, ecc…). Andrea Delogu, da par suo, oltre a presentare, si è esibita in un monologo contro la violenza sulle donne, dove la classica storia della principessa e del principe nel castello si trasforma in un incubo a causa delle vessazioni di lui destinate a durare in eterno per il lockdown da Covid. Un messaggio importante reso in termini alquanto semplicistici, che forse avrebbe suscitato maggiore coinvolgimento se affidato a un’attrice più esperta, magari selezionando un testo di spessore dal ricco repertorio teatrale in cui i riferimenti a tematiche di questo tipo non mancano. A farle da supporto, Fiorella Mannoia, la cui presenza aveva lo scopo di ricordare la situazione di difficoltà che coinvolge anche il mondo della musica e il concerto contro la violenza sulle donne rinviato a giugno 2021.

Il visitatorePer quanto riguarda le esibizioni, l’apice è stato raggiunto da Glauco Mauri, accompagnato da Roberto Sturno, con Timone d’Atene e il soliloquio della Tempesta di William Shakespeare, che a novant’anni compiuti ha dato una grande prova di teatro dimostrando che quando si tratta di talento e professionalità l’età è relativa; sulla stessa linea anche la coreografia, ad apertura dello spettacolo, di Virgilio Sieni, con il coinvolgimento di tre anziani da lui armoniosamente sostenuti. Convincente Alessio Boni nel ruolo di Dio tratto dal Visitatore di Éric-Emmanuel Schmitt, peraltro andato in onda integralmente giusto qualche giorno fa su Rai5 dove lo si poteva veder duettare con Alessandro Haber nella parte di Freud, mentre Valentina Lodovini ha dato vita a una delle protagoniste di Tutta casa, letto e chiesa, scritto a quattro mani da Dario Fo e Franca Rame, in cui si susseguono una serie di ritratti di donne che cercano comicamente di emanciparsi dal maschio dominante.

Marta Cuscunà si è distinta per originalità, portando sul palco un frammento di La semplicità ingannata: satira per attrice e pupazze sul lusso d’esser donne, che prevede la sua interazione con sei pupazze raffiguranti le monache del convento di Santa Chiara mentre riflettono sull’illogicità di un Dio maschio che genera un figlio maschio.

Marco Paolini ed Emma Dante, entrambi in collegamento video, hanno rispettivamente presentato uno spezzone dello spettacolo, accompagnato da musiche, Teatro fra parentesi, in cui si parlava degli Untergunther, gruppo di restauratori sovversivi, di recente balzati agli onori della cronaca per aver allestito un laboratorio clandestino nel Panthéon parigino e aver restaurato, senza permesso, un orologio Wagner del 1850 fermo da almeno quarant’anni, e un assaggio del nuovo spettacolo della Dante incentrato su una rielaborazione di Scarpette rosse di Hans Christian Andersen, con le scarpe demoniache che finiscono per assumere molteplici significati e contribuire così a quel teatro corporale che contraddistingue la celebre regista palermitana.

Il duo Massimo Lopez e Tullio Solenghi si è esibito in uno dei suoi cavalli di battaglia, i papi Ratzinger e Bergoglio, mantenendo però un basso profilo ed evitando battute caustiche; Luca e Paolo hanno portato una versione a leggio del celebre Canto di Natale di Dickens che sinceramente dispiace non sia durato più a lungo. Il frammento del musical The Full Monty, nella sua trasposizione italiana, che ha visto sul palco i cinque interpreti principali, ha lasciato un po’ perplessi per le doti vocali non proprio eccellenti dei protagonisti e per canzoni, almeno quelle sentite, che si dimenticano subito; ciò non toglie che se lo spettacolo, prima del lockdown, è riuscito a superare le ottanta repliche un motivo ci sarà, o almeno così si spera.

Solenghi-Lopez

Nota a parte la telefonata di Stefano Massini con Adriano Celentano, che per una volta si è limitato a rispondere alle domande, evitando i monologhi ermetici e parlando brevemente dei problemi del pianeta e dei diritti umani non rispettati, come nel caso di Patrick Zaki.

Rispetto a Maledetti amici miei, andato in onda su Rai2 nell’autunno del 2019, e anch’esso incentrato, almeno in parte, sul teatro, Ricomincio da RaiTre si avvale di un’organizzazione migliore che non prevede la sovrapposizione delle esibizioni ma le mette in risalto singolarmente dando modo allo spettatore di apprezzarne meglio le qualità.


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